“Il nome prima di tutto”
Ti è mai capitato di essere in un posto affollato e, tra le tante voci che parlano, sentire il tuo nome? Non percepisci i dettagli e neppure riesci a cogliere i frammenti delle conversazioni, ma cogli sempre il suono del tuo nome. Le persone hanno una particolare attenzione verso il proprio nome.
Eppure la forma più usata quando ci rivolgiamo a qualcuno, è quella che vede il nome alla fine della frase: “Come sta andando, Mark?” / “Che ora è, Jimbob?” – “Vuole patatine fritte con questo, signore?”
In quel luogo affollato di cui abbiamo appena parlato, se io volessi l’attenzione di qualcuno, non direi: “Come sta andando?”. In mezzo al frastuono, non ci sarebbe modo per quella persona di capire che mi sto rivolgendo a lei. Per prima cosa, dovrei pronunciare il suo nome: “Mark, come sta andando?”.
Ne viene fuori che non è un problema dovuto al chiasso che ci circonda. Se si fa lo stesso esperimento in un gruppo con altre due persone che non ti stanno rivolgendo la loro attenzione, per esempio stanno giocando con i cellulari, si vedrà immediatamente che il risultato è lo stesso. L’attenzione di una persona si ottiene quando questa sente il proprio nome, NON quando si inizia a parlare.
Questa sembra essere un’informazione abbastanza importante per un allenatore. Se si vuole dare una comunicazione a un preciso giocatore, in mezzo al chiasso, o almeno se si vuole che questa comunicazione venga capita, è necessario che come prima cosa si pronunci il nome del giocatore.
Molte grazie a Manuela Erbì per le traduzioni.
Tutti di suggerimenti sono qui.
Originale per Inglese e’ qui.
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